Daniel Stern si pone una domanda importante: «come è possibile che ciò che viviamo come “ora” sia lungo abbastanza da permettere che qualcosa vi accada?» per poi affermare «la durata del momento presente dipende dal modo in cui concepiamo il passaggio del tempo». Ma come concepivo il trascorrere del tempo? Essendo un individuo occidentale ho sempre pensato che il tempo trascorresse velocemente e che bisognasse “sempre” agire e compiere in qualunque istante, delle azioni, affinché l’esperienza mutasse o la mia condizione di essere umano subisse dei cambiamenti significativi, per raggiungere delle soddisfazioni e un miglioramento importante della qualità della mia vita. La musicoterapia parte da un’idea completamente opposta: che per ascoltare l’altro o un gruppo a volte è possibile anche non fare assolutamente nulla. L’idea del tempo è soggettiva ed è legata al tempo biologico dell’altro, a ciò che accade tra due persone, o un gruppo di persone non è riconducibile a un trascorrere lineare dei secondi, minuti e delle ore. Il qui e ora in musicoterapia diventa un luogo sufficientemente ampio dove un’esperienza accade, si sviluppa e si rivela. Stern specificando la natura stessa del momento presente si domanda quando ci sia di passato e di futuro nel qui e ora, e fa notare che nell'attimo in cui il momento presente diventa “ostaggio” del passato e del futuro il presente viene limitato solo a una sorta di conferma di ciò che è successo e di ciò che in futuro succederà. «La sfida consiste nell’immaginare il momento presente in una sorta di equilibrio dialogico con il passato e il futuro. Se il momento presente non è ben ancorato a entrambi, rischia di disperdersi come un punto insignificante, mentre se il legame è troppo forte, corre il pericolo di essere sottovalutato. Anche il presente deve influenzare, probabilmente allo stesso grado, il passato e il futuro» . In musicoterapia il terapeuta a mio avviso, deve mantenere un equilibrio tra queste tre componenti di tempo. Vivere il presente considerando che nel setting il passato e il futuro verranno in contatto con l’esperienza sotto forma di accadimenti ed esperienze controtrasferali, quindi oltre ad essere un atteggiamento corporale e mentale determinato, è un modo di considerare l’esperienza nel suo fluire, in cui il passato e il futuro diventano elementi appartenenti e non condizionanti del momento presente. Il musicoterapista quindi, per costruire una relazione deve accostarsi al tempo non in termini sequenziali o cronologici, ma partendo dal concetto greco di Kairos e cioè “un tempo di mezzo”, un periodo di tempo indeterminato nel quale qualcosa di speciale e importante accade. Lasciare accadere è uno dei fondamenti della presenza terapeutica, ed è la chiave di volta di un’esperienza che non presuppone né aspettative o preconcetti, poiché è una condizione mentale e corporea e non un atteggiamento intellettuale. Un sapere interno quando viene collegato all’intuizione e un riflesso quando si esprime su un piano puramente fisico. Ritornando alla domanda che Daniel Stern si pone e cioè “come è possibile che ciò che viviamo come “ora” sia lungo abbastanza da permettere che qualcosa vi accada? Mi viene da rispondere che a mio avviso accade poiché il qui e ora in musicoterapia è, in qualsiasi modo la si voglia vedere, una esperienza multisensoriale, dove il corpo del musicoterapeuta diventa, come Afferma Benenzon“ una grande cellula multipercettiva” che permette al terapeuta e al paziente di prendere contatto con ciò che di più primitivo esiste e cioè la riscoperta da parte di entrambi – il terapeuta in un modo e il paziente in un altro - di un tempo che non è riconducibile a un succedersi cronologico di eventi; ma di un tempo sufficientemente spontaneo da potersi spogliare della sua componente razionale e cioè del concetto stesso di volontà. Ma come può avvenire tutto questo in un ambito di relazione musicoterapica dove il corpo e il suono partecipano attivamente alla costruzione di un vincolo? You definisce il ritmo “un elemento capace di creare un ordine temporale che anticipa, sospende e appaga a livello viscerale, fisico, ecologico, istituzionale e morale” e se quindi il ritmo è in grado di creare un ordine, ha intrinseche qualità di armonizzazione sia corporea mediante il susseguirsi di movimenti spontanei ed eutonici, che temporale nella determinazione di un momento che si distacca dalla scansione cronologica per immettersi in maniera del tutto naturale in quella di kairos; e se il tempo scorre in maniera spontanea, allora il ritmo, all'interno di una cornice espressiva ed emotiva ampia e intimamente strutturata, ne ordina l'accadimento, rendendo possibile alle esperienze di succedere e di succedersi. In questo senso il momento presente ha un legame molto intimo con la dimensione ritmica di qualsiasi performance creativa, poiché permette alla persona che lo sta abitando, di interrompere qualsiasi invasione temporale che possa forviare la partecipazione attiva, e dare vita a un libero fluire di eventi-attimi e a una dimensione attentiva sintonizzata pienamente con il momento presente. Quindi se il momento presente è una armonica presenza di tre dimensioni temporali quali il passato, il presente e il futuro è altrettanto importante sottolineare quando la dimensione armonizzante del ritmo riesca a restituire al qui e ora la sua componente primordiale, fatta di originarietà ed espressività, in termini sia di movimento che di creazioni sonoro – musicali. Quindi la dimensione ritmica è di fondamentale importanza per riportare la persona a una condizione temporale fluida, abitata da elementi istintivi, creativi e intuitivi, che gli consentono di trasformare se stesso in essere, e le sue azioni in gesti significativi ed espressivi, creando una sorta di "equidistanza sensoriale, percettiva e temporale", da esperienze legate visceralmente a stati di stress o di ansia (futuro) e a processi rimuginativi e regressivi (passato).
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