Ralph
Waldo Emerson scrive: “ogni pensiero sorge nella mente, nel suo sorgere mira a
passar fuori della mente, nell'atto; proprio come ogni pianta, germinando,
cerca di salire alla luce." Nella Musicoterapia Espressiva Corporea la
persona conosce se stessa mediante le azioni che costruisce in termini di
scoperta e senso di meraviglia. In altre parole mira a far passare fuori dalla
mente ciò che sente, trasformando l’emozione in azione e mutando quest’ultima
in consapevolezza e cioè la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito.
Poiché l’essere umano difficilmente si percepisce come realmente è, e con una
certa difficoltà attribuisce a se stesso determinate qualità, l’azione
espressiva gli permette di entrare in contatto con le proprie capacità creative
risvegliando qualità sconosciute o mai del tutto approfondite. Perché l’essere
umano dubita di se stesso? Secondo la teoria della terapia
cognitivo-comportamentale, il malessere psicologico dipende spesso da ciò che
noi pensiamo. Si tratta di idee che passano per un attimo nella nostra mente
chiamate “pensieri automatici” e che poi ci rimangono dentro. Secondo questa
teoria questi pensieri li diamo per scontati, non li mettiamo in discussione,
diamo per garantito che siano veri. Insomma, ci crediamo. E così, se siamo
ansiosi e impauriti, pensiamo e quindi crediamo che ci sta per accadere qualche
sciagura, o che siamo persone fragili. Se siamo tristi e depressi, pensiamo e
quindi automaticamente crediamo che la nostra vita sia andata in malora, che
non ci sia più niente da fare per trovare un lavoro o degli amici o salvare una
relazione. In poche parole l’individuo dubita di se stesso perché crede al
contenuto dei pensieri che in maniera automatica entrano a far parte della sua
esperienza diventando realtà. La musicoterapia espressiva crea i
presupposti oggettivi per porre la persona davanti alle sue convinzioni
stimolando nuove forme di consapevolezza. In che modo? Nell’attimo in cui la
persona canta prende coscienza di farlo e questo crea i presupposti per
disconoscere i contenuti – giudicanti e svalutanti - dei pensieri che al
contrario affermano di non essere in grado di farlo. L’atto di cantare quindi
stimola convinzioni realistiche e una reale presa di coscienza delle sue
capacità creative poiché il cliente nota che esiste una differenza sostanziale tra
la convinzione di non essere in grado di farlo e la presa di coscienza di ciò
che sta accadendo nella realtà: che la persona sta realmente cantando. Nella
psicoterapia il canale verbale crea una consapevolezza parziale nel cliente
poiché il processo di cambiamento avviene solo in maniera razionale,
scontrandosi inevitabilmente con un processo di sofferenza non del tutto
elaborato e limitatamente scaricato. Nella musicoterapia espressiva invece
l’elaborazione avviene sia da un punto di vista razionale che esperienziale e
la presa di coscienza è immediata, e avviene – come accade nelle psicoterapie
verbali - in un contesto protetto e non giudicante permettendo al cliente di
misurarsi direttamente con le sue convinzioni, paure e abitudini che altro non
sono che risposte comportamentali automatiche ad uno stimolo e si sviluppano
attraverso la ripetizione del comportamento. Il concetto di abitudine ha assunto
notevole importanza nel campo della salute mentale e fisica. È infatti
intuibile come la comprensione del funzionamento delle abitudini possa essere
d’aiuto nella promozione del benessere individuale, andando a stabilire o
consolidare comportamenti funzionali ed interrompendo o modificando
comportamenti maladattivi. Lally, Wardle e Gardner affermano che quando una
nuova azione viene eseguita, si crea un’associazione mentale tra la stessa e la
situazione circostanziale (antecedente o segnale), per cui la ripetizione
rafforza e stabilisce questo collegamento nella memoria. La musicoterapia
espressiva quindi attraverso una immediata presa di coscienza costruisce nuove
abitudini e nuove modalità di espressione attivando azioni che stimolano,
attraverso il canto, la danza e il suono, nuove forme d consapevolezza. e questo
non avviene nella fase di elaborazione, ma nell’istante in cui il cliente
esprimendo se stesso prende coscienza delle sue potenzialità creative,
affettive ed emozionali: nel qui e ora. Il processo di elaborazione nella
musicoterapia espressiva quindi è strettamente correlato all’istante in cui
l’azione viene costruita e portata a termine dando vita a un’elaborazione
immediata. L’individuo in poche parole scopre se stesso giocando con se stesso.
Non soffre ma da vita a un flusso creativo esperienziale poiché come afferma Winnicott
“La capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della
creatività. È nel giocare e soltanto mentre gioca che l'individuo,
bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell'intera
personalità, ed è solo nell'essere creativo che l'individuo scopre il sé.”
Rudolf Nureyev dice: “per dare bisogna avere qualcosa dentro.” Carl Gustav Jung sulla stessa falsariga del grande danzatore russo scrive: “senza emozione, è impossibile trasformare le tenebre in luce e l’apatia in movimento.” Ognuna di queste frasi fanno riferimento alla profondità di un’azione che viene espressa e quindi regalata, e nel dare entrambi rievocano il trasporto, il vigore, che esiste nella profondità di un movimento capace di dare vita a una trasformazione, un cambiamento, che passa attraverso le tenebre per poi ricongiungersi con la luce. Il corpo diventa quindi uno strumento di espressione nell’attimo in cui il gesto invece di deragliare nel vuoto dell’abitudine racconta la profondità di chi lo ha realizzato. Il grande Mimo Etienne Delcroux nel famoso saggio Parole sul mimo scrive "guardate soprattutto come il mimo si china per cogliere un fiore. È questo l'importante, perché solo questo ci dice ciò che è utile sapere, e non che un fiore che prima era nel pr
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