Jon
Kabatt Zinn scrive “Forse potremmo provare a fidarci del momento
presente, accettando ciò che sentiamo o pensiamo in questo momento
perché è il presente in atto. Se sapremo prendere posizione e ci
abbandoneremo al presente in tutta la sua pienezza, forse scopriremo che
il momento attuale merita la nostra fiducia.” In queste parole il
fondatore della Stress Reduction Clinic mette in evidenza due elementi:
il presente e la fiducia e nell’accostare queste due realtà racconta
pienamente la radice temporale e la matrice emozionale dell’ansia.
Daniel Stern si pone una domanda importante: «come è possibile che ciò
che viviamo come “ora” sia lungo abbastanza da permettere che qualcosa
vi accada?» Per poi affermare «la durata del momento presente dipende
dal modo in cui concepiamo il passaggio del tempo». Stern specificando
la natura stessa del momento presente si domanda quanto ci sia di
passato e di futuro nel qui e ora scrivendo: «La sfida consiste
nell’immaginare il momento presente in una sorta di equilibrio dialogico
con il passato e il futuro. Se il momento presente non è ben ancorato a
entrambi, rischia di disperdersi come un punto insignificante, mentre
se il legame è troppo forte, corre il pericolo di essere sottovalutato.
Anche il presente deve influenzare, probabilmente allo stesso grado, il
passato e il futuro». E che relazione ha la fiducia con la concezione
del tempo? A questa domanda trovo interessante rispondere con un
ulteriore interrogativo: L’essere umano nel portare avanti la sua
esperienza di vita riesce ad ancorarsi all’attimo che sta vivendo oppure
tende a guardare al futuro al fine di controllare, pianificare, gestire
in maniera totalizzante la sua vita? Se avesse fiducia nelle sue
possibilità, nelle sue abilità guarderebbe compulsivamente al di là del
presente? Mark Twain in una frase molto celebre scrive “gran parte della
mia vita è stata spesa a preoccuparmi di cose che non sono mai
accadute.” Quindi l’ansia ha un rapporto molto forte con la concezione
che si ha del tempo, che diventa non una realtà per crescere e
riorganizzare ma una dimensione controllante e totalizzante che
impedisce ogni forma di espressione e blocca molte delle emozioni che
l’essere umano per sua natura porta con sè. Il percorso espressivo che
propongo mira a una riconquista da parte della persona del momento
presente e di avvicinare l’essere umano al proprio corpo. Perché il
corpo? Quando trascorriamo molto del nostro tempo a pensare tendiamo a
spostare il nostro baricentro dal corpo alla mente e questo porta ad
addormentare desideri, sensazioni e emozioni, semplicemente perché la
mente è impegnata a giudicarli, a valutarli, persino ad anestetizzane la
loro presenza creando inevitabilmente una lotta tra ciò che si è
(ansiosi o preoccupati) e ciò che si desidera essere (calmi e
tranquilli) e questa lotta interna genera stati d’ansia molto
dirompenti. Dare nuovamente al corpo la sua matrice sensoriale e
riportare l’attenzione della persona al presente è la strada della
guarigione, poiché si alzano i livelli di attenzione (si tende a pensare
poco) ci si mette in ascolto del proprio corpo e si sperimentano nuove
forme di consapevolezza. Quando si raggiunge la consapevolezza si tende a
stimolare e valorizzare nuovamente la fiducia, che restando nella
realtà, e non sprofondando negli incubi privati generati dalla mente,
agirà seguendo i nostri bisogni e le nostre reali esigenze permettendoci
di guardare a una dimensione altra del tempo; Non sequenziale o
cronologica, ma partendo dal concetto greco di Kairos e cioè “un tempo
di mezzo”, un periodo di tempo indeterminato nel quale qualcosa di
speciale e importante accade. Lasciare accadere è uno dei fondamenti
esperienziali necessari per guarire dall’ansia e per rendere
significativa la nostra esperienza di vita, che comporta anche provare
ciò che la mente prova ad allontanare con giudizi, pensieri e
riflessioni infinite: il dolore. La chiave di volta quindi per vivere un
esperienza piena e significativa comporta avere una condizione mentale e
corporea saldamente attaccata al presente e non un atteggiamento
intellettuale e razionale che tende a generare ansia, incubi privati e
catastrofi che come scriveva Mark Twain non sono mai accadute.
Ralph Waldo Emerson scrive: “ogni pensiero sorge nella mente, nel suo sorgere mira a passar fuori della mente, nell'atto; proprio come ogni pianta, germinando, cerca di salire alla luce." Nella Musicoterapia Espressiva Corporea la persona conosce se stessa mediante le azioni che costruisce in termini di scoperta e senso di meraviglia. In altre parole mira a far passare fuori dalla mente ciò che sente, trasformando l’emozione in azione e mutando quest’ultima in consapevolezza e cioè la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito. Poiché l’essere umano difficilmente si percepisce come realmente è, e con una certa difficoltà attribuisce a se stesso determinate qualità, l’azione espressiva gli permette di entrare in contatto con le proprie capacità creative risvegliando qualità sconosciute o mai del tutto approfondite. Perché l’essere umano dubita di se stesso? Secondo la teoria della terapia cognitivo-comportamentale, il malessere psicologico dipende spesso da ciò
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