Passa ai contenuti principali

Heidegger e il concetto di cura: Musicoterapia ed espressività Corporea come supporto oncologico

Esistono diversi modi per relazionarsi alla malattia, ma tra le diverse possibilità – complementari tra di loro - si sceglie spesso l’unica strada che si pensa essere appropriata, e cioè quella farmacologica. Ovviamente è fondamentale usufruire dei farmaci quando ci si relaziona a una malattia, ma credo sia necessario, prima di addentrarci in un discorso più articolato, ampliare il concetto sia di malattia che quello di guarigione, poiché l’una è una condizione anormale di un organismo, causata da alterazioni organiche o funzionali, che ne compromettono la salute, mentre l’altra è il suo opposto, e cioè il processo di ritorno allo stato di salute di un organismo squilibrato, malato o danneggiato. Che relazione esiste tra questi due opposti e in che modalità entrano in contatto tra di loro? Per Heidegger La "Cura" è la struttura fondamentale dell'esistenza e della totalità delle determinazioni d'essere e dell'Esserci ("esistenzialità, effettività e deiezione). Questo essere è espresso globalmente dal termine Cura". Sempre secondo Heidegger le manifestazioni concrete della Cura sono poi "il prendersi cura", degli oggetti, e l'"aver cura", verso gli altri. La Cura, dunque, è proprio la struttura dell'essere e dell'Esserci: esprime la condizione di un essere che progetta, come "essere-avanti-a-sè", le sue possibilità, le quali lo riducono alla sua situazione originaria. La cura quindi è l'espressione del rapporto tra l'uomo e gli altri e può essere inautentica o autentica. La cura inautentica sottrae agli altri le loro cure procurandogli direttamente ciò di cui hanno bisogno; è quindi rivolta verso gli oggetti più che verso gli uomini (es. procurare del pesce a qualcuno che non sa pescare) ed è espressione di "essere insieme". La cura autentica, invece, aiuta gli altri ad assumersi le proprie cure e quindi a essere liberi di realizzare il proprio essere (es. insegnare a pescare a qualcuno che non sa pescare); è espressione di "coesistere". Ma la medicina ortodossa insegna alla persona il modo in cui curarsi? O semplicemente reperisce l’oggetto specifico – i farmaci - che essa considera fondamentali - e non complementari - per la guarigione? La persona quando viene colpita da un male come il tumore oltre a vivere in una condizione di profondo smarrimento, sente nel profondo un senso di “non essere” e cioè di non essere più in grado di vivere pienamente la sua esistenza poiché è assalita dal ricordo del tempo della guarigione (il presente) e dalla paura del sopraggiungere di un reale o ipotetico senso di finitudine (futuro). Nell’istante in cui il passato e il futuro prendono il sopravvento la persona diventa malata nel suo esistere poiché rinuncia a vivere ed è in questo preciso istante che l’azione – fondamentale e necessaria – del farmaco, diventa una condizione di cura inautentica poiché non è integrata con ciò che rende l’uomo un essere straordinario e cioè la pulsione e la guarigione del suo lato emotivo e affettivo che gli offrirebbe la possibilità di essere e quindi di esistere pienamente. In che modo la malattia spinge verso “il non essere”? In che modo il passato e il presente smarriscono e disorientano la persona? La mente pensa, immagina, interpreta, racconta storie sul modo in cui la malattia ci distruggerà, ci farà del male, oppure ci ricorda quando eravamo in uno stato di salute e di pienezza fisica. Questo continuo rimuginare allontana la persona dalla realtà e quindi dal presente per poi renderla prigioniera di una realtà che modifica ogni elemento o condizione del presente. Questa è una condizione di malattia emotiva che aggiungendosi a un male organico distrugge piano piano la persona allontanandola dal suo essere nel mondo. Come la musicoterapia e l’espressività corporea possono agire su una persona malata di tumore? Riportandola alla sua originarietà e cioè a una condizione di essere che la renderebbe più vicina ai suoi valori e alla sua idea di vita e a una condizione di benessere più ampia e molto poiché la musicoterapia oltre ad avvicinare la persona alla sua unicità le offrirebbe la possibilità di ristabilire un contatto con l’idea di piacere e di vicinanza, mediante l’azione di costruire attivamente strutture ritmiche e melodie molto personali, mentre l’espressività restituirebbe al corpo la sua essenza spontanea a vitale mediante il movimento consapevole. Queste due percorsi oltre a generare piacere alzerebbero il livello sia umorale che attentivo e riporterebbero la persona nel momento presente. Il farmaco quindi agirebbe sugli aspetti organici della malattia e la musicoterapia e l’espressività corporea sulla dimensione emotiva. La complementarietà ridarebbe alla persona la sua unicità poiché sperimenterebbe in prima persona il contatto con l’altro e vivrebbe empaticamente questa condizione di vicinanza. La musicoterapia e l'espressività corporea quindi oltre a supportare empaticamente l'altro lo guidano verso una strada "autentica" poichè lo aiutano ad assumersi le proprie cure e quindi a essere libero di realizzare il proprio essere. Oltre a ciò la musicoterapia e l'espressività corporea agendo sulle abitudini e sui modelli comportamentali e sul movimento corporeo, creano nuove connessioni del sistema nervoso sia in termini funzionali (variazione delle quantità di neurotrasmettitore rilasciato), sia in termini di struttura (espansione o retrazione delle connessioni). Tali processi sono noti come fenomeni di plasticità neurale e rappresentano una proprietà caratteristica, ma non esclusiva, della corteccia cerebrale. Quando si apprende e si memorizza qualcosa di nuovo, questa nuova esperienza lascia una traccia nel nostro sistema nervoso. È ormai evidente, quindi, che qualsiasi processo mentale intrapsichico o relazionale deriva da meccanismi che avvengono a livello neuronale nel cervello e che, viceversa, qualsiasi esperienza che facciamo, ogni cambiamento dei nostri processi psicologici e cognitivi modifica plasticamente le strutture anatomiche cerebrali corrispondenti.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il principio dell’azione

Ralph Waldo Emerson scrive: “ogni pensiero sorge nella mente, nel suo sorgere mira a passar fuori della mente, nell'atto; proprio come ogni pianta, germinando, cerca di salire alla luce."  Nella Musicoterapia Espressiva Corporea la persona conosce se stessa mediante le azioni che costruisce in termini di scoperta e senso di meraviglia. In altre parole mira a far passare fuori dalla mente ciò che sente, trasformando l’emozione in azione e mutando quest’ultima in consapevolezza e cioè la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito. Poiché l’essere umano difficilmente si percepisce come realmente è, e con una certa difficoltà attribuisce a se stesso determinate qualità, l’azione espressiva gli permette di entrare in contatto con le proprie capacità creative risvegliando qualità sconosciute o mai del tutto approfondite. Perché l’essere umano dubita di se stesso? Secondo la teoria della terapia cognitivo-comportamentale, il malessere psicologico dipende spesso da ciò

L'espressività di un movimento invisibile

  Rudolf Nureyev dice: “per dare bisogna avere qualcosa dentro.” Carl Gustav Jung sulla stessa falsariga del grande danzatore russo scrive: “senza emozione, è impossibile trasformare le tenebre in luce e l’apatia in movimento.” Ognuna di queste frasi fanno riferimento alla profondità di un’azione che viene espressa e quindi regalata, e nel dare entrambi rievocano il trasporto, il vigore, che esiste nella profondità di un movimento capace di dare vita a una trasformazione, un cambiamento, che passa attraverso le tenebre per poi ricongiungersi con la luce. Il corpo diventa quindi uno strumento di espressione nell’attimo in cui il gesto invece di deragliare nel vuoto dell’abitudine racconta la profondità di chi lo ha realizzato. Il grande Mimo Etienne Delcroux nel famoso saggio Parole sul mimo scrive "guardate soprattutto come il mimo si china per cogliere un fiore. È questo l'importante, perché solo questo ci dice ciò che è utile sapere, e non che un fiore che prima era nel pr

Ascolto Consapevole

Jon Kabat - Zinn scrive “Forse la cosa più «spirituale» che ciascuno di noi può fare è semplicemente guardare con i propri occhi, vedere con occhi di completezza, e agire con integrità e tenerezza.” In questa frase il fondatore della Stress Reduction Clinic esprime in pochissime parole l’essenza stessa dell’ascolto consapevole: un elemento indispensabile del processo comunicativo che include l’accettazione (agire con integrità e tenerezza) e la sospensione del giudizio (con occhi di completezza) e implica un coinvolgimento e una partecipazione sia sul piano verbale che sul piano non verbale. Paul Watzlawick scrive che “La credenza che la realtà che ognuno vede sia l'unica realtà è la più pericolosa di tutte le illusioni” una frase indicativa poiché mette in evidenza i limiti di un osservazione spesso alterata da atteggiamenti di tipo valutativo e cioè da posizioni poco flessibili fondati su rigide convinzioni o su rigide norme morali. Da atteggiamenti di tipo interpre